Le briglie sono opere trasversali che hanno la funzione di consolidare l'alveo del corso d'acqua, ed in particolare di ridurre od eliminare l'erosione d'alveo ed il trasporto solido. Sono quindi realizzate prevalentemente in alvei montani a forte pendenza, soggetti nella loro configurazione naturale a spiccati fenomeni di erosione.
Figura 1. Briglia di consolidamento. By HylgeriaK (Own work) [CC BY-SA 3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) or GFDL (http://www.gnu.org/copyleft/fdl.html)], via Wikimedia Commons
I torrenti possono essere classificati facendo riferimento al regime dominante di trasporto solido. Numerosi autori propongono la suddivisione dei torrenti in tre categorie: torrenti in erosione, torrenti in trasporto e torrenti in deposito. Ricadono nella prima categoria i corsi d'acqua nei quali l'energia della corrente è superiore a quella necessaria per trasportare a valle il materiale solido eroso e proveniente da monte. Tipicamente si tratta di alvei a forte pendenza, ovvero dove la pendenza di fondo è superiore a quella critica. Essendo l'energia della corrente abbondante, questa provoca ulteriore erosione dell'alveo, aumentando quindi il trasporto solido fino a quando si verifica equilibrio fra l'energia della corrente e quella necessaria al trasporto. L'erosione d'alveo si verifica generalmente sul fondo e sulle sponde, con modalità determinate dalla geometria d'alveo e dalla geologia dei versanti. L'erosione tende a avvenire maggiormente a monte, ove la corrente è meno carica di materiale, e produce quindi l'effetto di indurre una riduzione della pendenza d'alveo.
I torrenti in trasporto sono quelli in cui sussiste in media equilibrio fra l'energia della corrente e quella necessaria per trasportare il materiale. Non si verificano, quindi, fenomeni di erosione e deposito significativi.
I torrenti in deposito sono invece quelli in cui, mediamente, l'energia della corrente non è sufficiente a trasportare il proprio carico solido. Si verifica quindi deposito di materiale. Si verifica quindi un innalzamento del fondo ove il deposito si verifica. Questi fenomeni tipicamente si verificano nella zona di conoide. Si tratta tipicamente di alvei a debole pendenza.
La presenza di fenomeni di erosione o deposito è spesso motivo di preoccupazione, per il pericolo di innesco di movimento franosi a monte e il rischio indotto da innalzamenti di alveo a valle. Si presenta perciò frequentemente il problema di equilibrare le condizioni del torrente, mediante sistemazioni d'alveo e sistemazioni di versante. Le sistemazioni d'alveo sono generalmente opere localizzate, finalizzate a governare la velocità della corrente oppure ad aumentare la resistenza all'erosione dell'alveo, mentre le sistemazioni di versante sono interventi distribuiti. In questa sede ci occuperemo delle sistemazioni d'alveo. Per approfondimenti si consiglia la consultazione dell'Atlante delle opere di sistemazione fluviale dell'APAT.
La riduzione della velocità della corrente è indotta mediante la riduzione della pendenza d'alveo, realizzando la cosiddetta sistemazione a gradinata, che può essere ottenuta mediante la posa in opera di briglie oppure soglie. Le prime sono sbarramenti trasversali che riducono la pendenza inducendo un innalzamento del profilo di fondo, esercitando quindi anche un'azione di consolidamento delle sponde, mentre le soglie sono sbarramenti trasversali non sporgenti, che fissano il profilo attuale del fondo nel punto ove sono posizionate.
L'aumento della resistenza all'erosione può essere ottenuto rivestendo l'alveo e le sponde con materiale di caratteristiche opportune. La velocità della corrente rimane dunque invariata ma la maggiore resistenza impedisce che la geometria dell'alveo evolva generando situazioni di rischio.
Per risolvere situazioni di eccessivo deposito, si può operare con interventi finalizzati a ridurre il trasporto solido della corrente, oppure ad aumentarne la capacità di trasporto. Fra i primi interventi possiamo includere la posa in opera di opere a monte per il contenimento dell'erosione, così come interventi di sistemazione di versante che non trattiamo in questa sede; fra i secondi interventi possiamo annoverare la sistemazione a cunetta dell'alveo, mediante rivestimento delle sponde e del fondo. Si ottiene così un incremento della velocità della corrente e quindi della capacità di trasporto, e allo stesso tempo la protezione dell'alveo e delle sponde dall'erosione che si potrebbe manifestare in presenza di velocità elevate, oppure in presenza di fenomeni di turbolenza localizzata. Occorre però tenere presente che l'aumento della velocità della corrente, se esteso a tratti d'alveo di notevole estensione, diminuisce il tempo di corrivazione inducendo quindi un aumento della portata di piena. Inoltre, la presenza di corrente a velocità elevata può costituire un pericolo per le persone che potrebbero non percepire la pericolosità di altezze idriche veloci ancorchè limitate.
La sistemazione mediante briglie è quindi finalizzata alla riduzione della pendenza d'alveo. La Figura 2 riporta un esempio di gradinata realizzata con briglie in calcestruzzo armato rivestite in pietra.
Figura 2. Sistemazione a gradinata. Tratto da "Atlante delle opere di sistemazione fluviale" di APAT - Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i Servizi Tecnici, ISBN 88-448-0118-3
La pendenza di correzione dell'alveo, ovvero la pendenza che si instaura fra le briglie, deve essere tale da evitare fenomeni di erosione e deve essere quindi determinata imponendo l'equilibrio nel lungo periodo fra erosione e deposito. A questo fine, occorre valutare il carico solido della corrente in arrivo da monte, mediante analisi della configurazione d'alveo e dei versanti, ed imporre equilibrio fra detto carico solido e la capacità di trasporto della corrente, valutata con formule appropriate. La determinazione della pendenza di correzione è operazione delicata, per l'incertezza insita nelle valutazioni di cui sopra, che è ovviamente variabile nel tempo in funzione del regime della corrente stessa. Un limite inferiore alla pendenza di correzione è ottenuto imponendo che il materiale di fondo alveo sia stabile, in accordo alla valutazione ottenuta dall'abaco di Shields. Ciò equivale ad imporre che non si verifichi alcuna erosione, condizione tuttavia che potrebbe implicare il verificarsi di deposito di materiale da parte della corrente.
La letteratura suggerisce numerose formule empiriche per il calcolo della pendenza di correzione, quali la Formula di Thiéry, la Formula di Valentini, la Formula di Lelli. A titolo di esempio, la Formula di Valentini si scrive nella forma
ic = ( 0 ,087 ÷ 0.094 ) × d/R
ove R è il raggio idraulico della sezione trasversale corrispondente ad una portata di riferimento e d è un valore caratteristico per la granulometria del materiale d'alveo. Solitamente si assume quale portata di riferimento la "portata formativa", nonchè un valore per d pari al d90 determinato con analisi granulometrica, ovvero il diametro corrispondente al 90% di passante in peso. E' importante e necessario considerare le conseguenza di una progettazione imprecisa. Se la pendenza di correzione è troppo bassa, si verificherà il deposito di materiale fra le briglie, come in precedenza evidenziato. Il deposito sarà prevalente subito a valle delle briglie, ove la corrente è molto carica di materiale, e successivamente sarà meno significativo, essendosi parte del materiale trasportato già depositato. L'accumulo di materiale nella prima parte di alveo a valle delle briglie provocherà un aumento di pendenza dell'alveo, fino allo stabilirsi della pendenza che assicura condizioni di equilibrio. In taluni casi si è osservato il riempimento dell'alveo a valle delle briglie fino a raggiungere la sommità delle briglie stesse, fenomeno che ha provocato quindi il ristabilimento della pendenza originaria a quota più alta, al punto tale che le briglie stesse non erano più visibili. Se la pendenza di correzione è troppo alta, si verificherà invece erosione del tratto di alveo subito a valle delle briglie, quale conseguenza della naturale tendenza della corrente a indurre una pendenza d'alveo più ridotta, circostanza che può provocare la rovina delle briglie. In sede di progettazione, è opportuno considerare le conseguenze di cui sopra con cura, valutando gli scenari possibili a seguito dell'incertezza della stima.
Il posizionamento delle briglie in direzione longitudinale è fissato in dipendenza della pendenza di correzione. Questa può essere raggiunta posando in opera numerose briglie di altezza contenuta e posto a distanza più ravvicinata, oppure un numero minore di briglie di maggiore altezza e poste a maggiore distanza. E' opportuno assicurare fra le briglie, se possibile, una distanza sufficiente ad instaurare condizioni di moto uniforme, ovvero una distanza dell'ordine dei 100-200 metri. D'altro canto, è bene evitare opere di altezza eccessiva, che possono essere più vulnerabili ed inducono turbolenze significative a valle. In nessun caso la briglia deve avere altezza superiore a 15 metri ed indurre un invaso, anche temporaneo, a monte superiore a 1.000.000 di m3, onde evitare di generare situazioni pericolose a valle in caso di collasso. In genere, si tende a non superare l'altezza fuori terra di 5-7 metri. Il posizionamento può avvenire seguendo lo schema riportato in Figura 3.
Figura 3. Posizionamento longitudinale delle briglie
Una prima importante decisione da prendere è la selezione del materiale da costruzione più indicato in relazione all'obiettivo della sistemazione. Le briglie possono essere realizzate in materiale naturale oppure in calcestruzzo. Fra i materiali naturali sono solitamente utilizzati la terra, la pietra ed il legname, anche combinati fra loro, con l'ausilio o meno di gabbioni. Le briglie in calcestruzzo possono essere armate o meno.
Il legno è un materiale da costruzione che può essere proficuamente indicato per la realizzazione di briglie. Esistono esempi di briglie in legname che sono tuttora efficienti dopo più di 50 anni. Il legno può essere combinato con pietra naturale o con terra. Un interessante approfondimento delle tipologie e tecniche di costruzione di opere di ingegneria naturalistica è presentato dalla pubblicazione Ingegneria naturalistica della Regione Piemonte.
Le briglie in legname si possono classificare in accordo a due principali tipologie costruttive:
- Briglie a palificata a una parete;
- Briglie di tipo Jsser.
La briglia a palificata a una parete è realizzata infiggendo pali verticalmente nel terreno, per una profondità variabile tra 1 e 2 m, che vengono collegati con pali orizzontali, denominati correnti, che formano la parete del manufatto.
La briglia Jsser è costituita da pali disposti con l’asse nel verso della corrente, accostati così da originare una gaveta ribassata. Sono indicate per sezioni fluviali larghe.
Rappresentazioni schematiche delle briglie sopra trattate sono disponibili qui.
La scelta della tipologia di legno è da effettuarsi tenendo conto innanzitutto delle condizioni prevalenti di funzionamento in termini di alternanza asciutto-bagnato. Quando l'opera è prevalentemente bagnata occorre scegliere essenze resistenti ai parassiti fungini, quali ad esempio larice, castagno, quercia e robinia. In condizioni prevalentemente asciutte occorre invece scegliere essenze resistenti all'azione degli insetti. Possono essere ancora indicati il larice, il castagno e la quercia, ed anche alcune conifere. Per ragioni di contenimento della spesa vengono spesso scelti il larice ed il castagno, o legname di quercia proveniente dal riciclo delle traversine ferroviarie.
Qualora si utilizzino elementi metallici di collegamento, questi devono essere in acciaio, anche zincato.
Le briglie in legname e pietrame sono adottate per ottenere maggiore resistenza del manufatto nei confronti di sollecitazioni meccaniche. Si ottengono realizzando dei cassoni collegando fra loro elementi lignei verticali, trasversali e longitudinali, che vengono successivamente riempiti con pietrame. Gli elementi metallici di collegamento, se utilizzati, devono essere protetti dall'azione di martellamento del materiale solido trasportato dalla corrente. La progettazione viene effettuata considerando le caratteristiche di resistenza del materiale ligneo, ed utilizzando formule empiriche.
Sono realizzate utilizzando materiale di grande pezzatura, disposto trasversalmente al corso d'acqua, collocato anche n file sovrapposte. La forma è sagomata in modo da originare la gaveta nella zona centrale. Sono progettate quali manufatti a gravità, verificandoli anche allo scorrimento fra eventuale file sovrapposte. I massi di grande pezzatura sono talvolta collegati fra loro per aumentare la stabilità. Deve essere posta cura per evitare che gli elementi di collegamento siano sottoposti ad azione di martellamento.
Figura 4. Briglia in macigni sul Torrente Duron (Campitello di Fassa)
Si tratta di una tipologia costruttiva interessante per il costo ridotto e l'ottimo inserimento ambientale. I gabbioni hanno forma parallelepipeda di dimensioni con lati variabili da 0.5 a 2 metri circa. Sono realizzati con rete metallica a maglia esagonale a doppia torsione, ottenuta impiegando filo di acciaio zincato. I produttori solitamente forniscono indicazioni sulla proprietà di resistenza meccanica. L'inconveniente maggiore rimane la vulnerabilità del filo metallico all'azione di martellamento da parte del materiale solido trasportato.
Le briglie di calcestruzzo sono una soluzione frequentemente adottata in ragione della loro flessibilità di utilizzo e ridotto costo. Sono spesso rivestite in pietra naturale, per migliorarne l'inserimento ambientale ed anche per proteggere il calcestruzzo dall'erosione, alla quale risulta piuttosto vulnerabile. Velocità della corrente idrica superiori a 2 metri al secondo possono infatti innescare fenomeni di erosione del calcestruzzo anche in assenza di materiale solido trasportato.
Le briglie in calcestruzzo possono essere o meno armate, in dipendenza delle loro caratteristiche strutturali.
La briglia è dotata di ammorsamenti laterali, ovvero un prolungamento delle ali dentro le sponde dell'alveo, e di una fondazione atta a distribuire il peso della briglia sul terreno e ad evitare la filtrazione dell'acqua sotto il corpo del manufatto, che potrebbe indurre sifonamento. Per evitare lo scalzamento, le fondazioni devono essere impostate a quota di sicurezza rispetto alla profondità attesa di escavazione a valle, hs (misurata rispetto al fondo alveo a valle dell'opera), che può essere stimata con la formula di Schoklitsch, ovvero
hs = 4,75 (hm − hv )0,2 q0,57 / d900,32 − hv,
dove hm e hv, espressi in metri, sono i livelli liquidi a monte e a valle della briglia e q è la portata specifica. Per ridurre l'escavazione a valle si possono adottare soluzioni di protezione d'alveo che verranno successivamente discusse.
Il paramento di valle della briglia dovrebbe essere mantenuto verticale, onde evitare che la vena stramazzante lo possa danneggiare. Opere particolarmente importanti possono essere dotate di profilo creager. Questa soluzione è adottata di rado poichè spesso le briglie vengono realizzate su corsi d'acqua con modesta portata idrica media. Il paramento di monte può invece essere inclinato, al fine di contribuire alla stabilità dell'opera.
La parte centrale della briglia, ovvero la gaveta, ha sommità ribassata rispetto alle due parti laterali dette ali, onde contenere la vena principale della corrente al centro dell'alveo. La gaveta viene dimensionata per contenere al proprio interno, senza raggiungere il piede delle ali, la portata al colmo con tempo di ritorno pari a 50-100 anni. Il valore del tempo di ritorno è da stimarsi valutando le conseguenze di un'eventuale superamento della portata di progetto. La gaveta può prevedere una parte centrale ribassata atta a contenere la portata con tempo di ritorno pari a 1-2 anni. Le ali sono inclinate con pendenza pari al 10%, con altezza decrescente verso la gaveta. Qualora una delle sponde sia particolarmente soggetta ad erosione, la gaveta può essere anche collocata in posizione non simmetrica onde allontanare la corrente dalla sponda più vulnerabile.
Per progettare la geometria della gaveta, un prima suggerimento empirico è quello di non eccedere metà della larghezza dell'alveo con l'ingombro della gaveta, ali comprese. Una gaveta di dimensioni ridotte presenta il vantaggio di mantenere la corrente ad adeguata distanza dalle sponde, mentre presenta il potenziale svantaggio di provocare un carico idraulico alto sulla soglia e quindi una maggiore turbolenza nel punto di caduta. L'altezza della gaveta non condiziona la quota dell'alveo a monte, che rimane fissata alla quota della soglia della gaveta, ma condiziona ovviamente l'altezza del pelo libero a monte ed il carico energetico specifico della corrente. Inoltre, una gaveta più alta subirà una maggiore spinta da parte della corrente e dovrà quindi essere dimensionata opportunamente. La gaveta può avere forma:
- rettangolare;
- trapezia;
- triangolare;
- corda molla (catenaria);
- doppia trapezia;
- triangolare più trapezia;
- catenaria più trapezia.
Le ultime 3 sono geometrie composte che prevedono la parte centrale della gaveta ribassata. Lo spessore del coronamento dovrebbe essere dimensionato considerando il diametro del materiale inerte che potrebbe battere contro il coronamento stesso. Pendenze di fondo più elevate e la presenza di ciottoli di dimensioni maggiori suggeriscono l'opportunità di adottare un coronamento più spesso. La regola empirica di Zoli suggerisce che lo spessore del coronamento, in metri, sia circa pari a 0.7 + (0.1-0.2) Z metri, ove Z è l'altezza fuori terra della briglia espressa in metri.
Le sponde della gaveta dovrebbero avere pendenza ideale pari a circa 45 gradi, ma potrebbe non essere sempre possibile ottenere una pendenza così elevata quanto si adottano materiali da costruzione naturali.
Il corpo della briglia è spesso dotato di fori onde consentire il drenaggio del terreno accumulato a monte. Si possono adottare feritoie verticali oppure fori circolari disposti a quinconce, ovvero disposti nel modo in cui è raffigurato il numero cinque sulla faccia di un dado.
Le verifiche di stabilità del corpo briglia sono finalizzate ad accertare la stabilità del manufatto nel suo complesso. A questo fine è necessario individuare il complesso delle azioni che insistono sl manufatto stesso, a monte ed a valle, nelle diverse condizioni di esercizio. In particolare, si distingue la situazione precedente all'interrimento rispetto a quella successiva all'interrimento.
Le azioni che insistono sul corpo briglia sono indicate in Figura 5, nell'ipotesi che la briglia abbia soglia orizzontale per tutta la sua larghezza. Nel caso sia presente la gaveta, si dovrà tenere conto della spinta dell'acqua sulle ali. Inoltre, lo schema in figura 5 assume che non sia presente il taglione, che ovviamente è un elemento stabilizzante che, se presente, dovrà essere adeguatamente considerato. Lo schema in Figura 5 presenta situazione di valle invariata rispetto ai 3 casi considerati. La situazione di monte dipende invece dalla presenza del riempimento e del drenaggio. E' da notare che l'acqua in movimento verticale in presenza di terreno origina un flusso di infiltrazione ridotto, che è completamente evacuato dal dreno assicurando quindi egual livello a monte e valle. Il liquido in filtrazione, trascurando le perdite di energia dovute alla filtrazione stessa, può essere assunto in caduta libera e quindi non produce pressione sul terreno e sulla briglia. Al contrario, nella situazione pre-interrimento il dreno non ha sezione sufficiente a smaltire l'accumulo d'acqua a monte della briglia e quindi si può assumere che la spinta dell'acqua sulla briglia non sia influenzata dal drenaggio.
Fra le forze stabilizzanti gioca un ruolo fondamentale il peso proprio, indicato in Figura 5 con P, che dipende dalla forma e dal materiale costruttivo della briglia.
Figura 5. Spinte agenti sul corpo briglia prima e dopo l'interrimento (modificato da Da Deppo, Datei, Salandin, Sistemazione dei Corsi d'Acqua, Libreria Cortina, Padova)
Le verifiche che vengono effettuate sono:
- Verifica a scorrimento;
- Verifica a schiacciamento;
- Verifica a ribaltamento.
La verifica a scorrimento è effettuata verificando che la somma delle forze orizzontali che agiscono sul corpo briglia sia inferiore al prodotto della somma delle forze verticali per il coefficiente di attrito fra manufatto e terreno di fondazione. Occorrerà ovviamente considerare adeguatamente la presenza di taglione, od altri sistemi di prevenzione dello scorrimento.
La verifica a schiacciamento dovrà essere effettuata calcolando la pressione esercitata dalla fondazione del manufatto sul terreno di imposta della fondazione stessa. Se la risultante delle forze verticali ha eccentricità eccessiva la fondazione risulta parzializzata ed occorre verificare di conseguenza.
La verifica a ribaltamento dovrà considerare quale asse di rotazione il segmento di contatto fra base della fondazione e terreno a valle. Se la briglia non è armata occorre anche verificare che non si ribalti il corpo briglia sul dado di fondazione.
Laddove si sospetti la presenza di erosioni di valle importanti, in corrispondenza del tratto vallivo immediatamente successivo alla briglia, è opportuno proteggere l'alveo dall'erosione localizzata. Ciò può essere ottenuto rivestendo l'alveo con materiale di grossa pezzatura, o mediante platea di cemento armato possibilmente rivestita di pietra naturale.
E' tuttavia importante considerare anche la zona d'alveo successiva alla briglia ove si verifica il risalto idraulico, che può essere sede di erosione localizzata, che è difficilmente individuabile poichè la posizione del risalto è variabile in dipendenza delle caratteristiche puntuali della corrente. E' quindi conveniente adottare soluzioni tali da costringere il risalto immediatamente a valle della briglia, in modo da concentrare l'azione erosiva in un punto preciso. A tale fine, è spesso adottata la soluzione di realizzare, immediatamente a valle della briglia, una controbriglia di geometria simile ma di altezza ridotta. La funzione della controbriglia è quella di provocare, nel breve tratto d'alveo fra briglia e controbriglia, il passaggio a corrente lenta, e quindi il risalto idraulico. La controbriglia ha anche la funzione di originare un cuscino d'acqua nello stesso tratto d'alveo, ove si verifica l'atterraggio della vena, provocando quindi una ulteriore dissipazione di energia.
Il progetto della controbriglia deve condurre al dimensionamento delle seguenti quantità:
- L'altezza della controbriglia;
- La distanza Lg+LR fra la base della briglia a valle e la controbriglia.
L'altezza della controbriglia deve essere determinata imponendo che l'altezza d'acqua a monte della controbriglia h'm abbia la medesima spinta idraulica dell'altezza di corrente veloce a valle della briglia hv. Nota quindi hv, si calcola l'altezza di corrente lenta ad essa coniugata, e si impone che questa sia pari all'altezza della controbriglia S' + k, trascurando quindi a favore di sicurezza il rallentamento della velocità della corrente, e quindi l'incremento dell'altezza della corrente che si verifica a monte della controbriglia stessa.
La distanza Lg+LR si compone della distanza coperta dal getto Lg e della distanza occupata dal risalto idraulico LR. La prima si ottiene considerando che il tempo di percorrenza t da parte della vena della distanza verticale Lv pari all'altezza della briglia si calcola con la relazione:
S=0.5 gt2 ovvero t = (2S/g)0.5,
dalla quale si ricava che
Lg = v0 t,
dove v0 è la velocità orizzontale di uscita dalla gaveta della vena liquida, la quale si calcola assumendo che l'altezza della vena all'uscita sia pari a 0.7 k. Nota la portata di progetto Q e nota la relazione Q = v0 A, ove A è la sezione bagnata della vena all'uscita, è possibile stimare v0.
La distanza coperta dal risalto idraulico è pari a circa 6-7 volte la differenza fra le altezze coniugate.
Il profilo del pelo libero fra briglia e controbriglia assume l'aspetto qualitativo indicato nella Figura 6.
Figura 6. Profilo del pelo libero fra briglia e controbriglia
E' opportuno proteggere l'alveo a valle della controbriglia con massi di grossa pezzatura od altre misure opportune. Infatti, nonostante l'energia della corrente a valle della controbriglia sia ridotta, si verificherà comunque nell'alveo vallivo un piccolo risalto idraulico.
La Figura 7 mostra una briglia selettiva sul Torrente Duron, in Val di Fassa.
Figura 7. Briglia selettiva parzialmente riempita sul Torrente Duron (Val di Fassa)
Ultima modifica: 15 dicembre 2020
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